giovedì 19 aprile 2012

Il lavoro della Mamma

Ritagliatevi 2 minuti di tempo: fermate il lavoro, mettete il video a tutto schermo ( magari HD), alzate un poco la musica e guardate il nuovo lavoro per P&G.



Ruffianata? Sicuro, ma totalmente poetica. Insight potente ed esplicitato ( e che insight!), regia non esagerata, nè forzata. Musica giusta, delicata.

Brivido assicurato. E'per lavori come questo che mi piace pensare che da grande vorrò sempre fare il pubblicitario.

Trovato qui.




9 commenti:

  1. P&G vende la mamma.

    I maestri del branding (P&G) vogliono ampliare il loro vasto portafoglio con una nuova potente marca: la maternità. Ma come fa P&G a vendere la maternità? Co-marketing: un brand é stra-noto: P&G; l'altro, la maternità, va formalizzato con una storia.

    Brand: Maternità
    Insight: fare la mamma è un sacrificio, ma le mamme lo fanno con amore e dedizione.
    Benefit: Riconoscenza filiale & Soddisfazione personale

    La mia domanda è: ma si può vendere la mamma come un prodotto? E per giunta con questo schema premiante tipo edonismo reganiano anni '80? Il prezzo del successo è il duro lavoro, ma alla fine vedrai che sarai il numero uno. Sigh! Manca solo la colonna sonora rock made in USA tipo "Eye of the tiger".

    Questo vuol dire essere mamma? Far crescere un campione per essere ripagata coi suoi successi e la sua riconoscenza?

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  2. Mi spiace ma su alcuni punti devo dissentire:
    Credo che nel brief le OLIMPIADI siano state un punto fondamentale da rispettare ( essendo P&G sponsor ufficiale...), da qui il passo verso "cresco un campione" è breve.
    E non ho visto molto di quel "edonismo" di cui parli: ho visto tante lacrime (rese) sincere, spillate da anni di reciproci sacrifici in vista di un appuntamento così importante per il proprio "bambino".
    Sono storie, come è giusto che sia, un po' ruffiane...ma le trovo verosimili: "siamo vicini alle mamme dei campioni che sono loro stesse vere campionesse." Non mi dispiace, sono lontane anni luce dalle mamme della pubblicità italiano "mulino bianco".
    Il ragazzo vincerà? Non vincerà? Chissene..l'importante è dare il giusto riconoscimento agli sforzi di ambo le parti.
    Sul "vendere la maternità" mi trovo d'accordo: è un azzardo mica da pochi, perchè puzza di marketing lontano un miglio. Ma il lavoro è molto equilibrato, lo devi concedere.
    ( Oggi l'ho mandato alla mia di mamma, dedicandoglielo... e si è emozionata. Lei è una di quelle che sente puzza di marketing lontano un miglio. Mi ha detto: "Allora qualcuno se ne accorge che soffriamo ogni giorno con voi".) ;)

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  3. Idea semplice. Realizzazione perfetta! What else?

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  4. Concordo sull'efficacia comunicativa e non vedo necessariamente una commercializzazione (intesa in senso negativo) del ruolo della mamma.
    Lo scopo dell'adv in questione è posizionamento corporate e non il prodotto: se mi avessero associato il concetto mamma al dixan, per intenderci, sarei stata d'accordo sulla negatività, associata invece all'azienda che fa prodotti a supporto della cura della casa/famiglia/persona etc ... la trovo più coerente ed efficace.
    Alzando socialmente l'analisi: essere sponsor di un olimpiade vuol dire in parte esserne un enabler e quindi supportarne praticamente la realizzazione (certo con un ritorno d'immagine per carità) ... così fare il genitore vuol dire fare l'enabler del successo dei propri figli e se ci riesci, che soddisfazione a fronte di sacrifici quotidiani!
    Associazione perfetta ed emozionale dal mio pto di vista!

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  5. Forse quello che mi disturba di più, personalmente, è l'associazione dell'amore materno con la procteriana (e americana) vocazione a "dover essere" il numero 1. E sia inteso, non il numero uno per la mamma, un numero uno assoluto, che vince la gara. Ci sono solo mamme di vincenti. E dove sono tutte le altre? E dire che per ogni mamma che festeggia il suo campione, ci sono tante e tante mamme che consolano i loro "sconfitti". Proprio non ha insegnato niente la lezione di Bill Bernbach all'eccellente Procter & Gamble?

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    1. Devi però ammettere che far leva sul comunce sentimento materno de: "Il mio bimbo è sempre un campione" non è proprio una cosa da stupidi. Quante mamme si saranno immedesimate nel pianto liberatorio del: " Ce l'ha fatta! Il mio bimbo ce l'ha fatta!" indipendentemente dalla meta raggiunta.
      Capisco che "mamma" ( italicamente sentita, intoccabile baluardo della nostra cultura) e Procter facciano pesantemente a cazzotti, ma bisogna fare i complimenti ad un monolite per aver creato una comunicazione non così pesante.

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  6. Ho scoperto di essere una mamma
    un papá
    Murder

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  7. "far leva sul comunce sentimento materno de: "Il mio bimbo è sempre un campione"

    Qui dissento io Edo. Le mamme sanno perfettamente quando il figlio non è un campione (99% dei casi). Il punto è che lo amano comunque. Chi, invece, non riesce ad accettare di non essere "speciale" sono i figli, siamo noi. Siamo noi il target della comunicazione. Siamo noi convinti di aver conseguito un qualche successo nella vita (fosse anche una semplice laurea), per il quale siamo riconoscenti alla mamma. Siamo noi che viralizziamo questo video. Non le mamme. Siamo noi il target. Per come la vedo. E su di noi - lo sto vedendo anche fra i coetanei in questi giorni - questo dispositivo di comunicazione (se sei speciale, ringrazia la mamma) ha in effetti un'ottima presa.

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